DUOMO NUOVO, DUOMO VECCHIO…
-Questi Ci dico solo che quest’è
il Duomo col più alto cupolone
dopo Roma e Firenze; è quel dei tre.
E questo in banda, invece, è convinsione
che a momenti è più antico di Noè.
Da l’altra banda palasso e torrione
È tutta pietra antica, meno che
i restauri. E La faccia anche attensione
alla fontana. Guardi: io ci darei
non so, per farla in piccolo tal quale
per calamaio. E Lei che dice, Lei?
E, benché che di stile men spontaneo,
anche il Credito Agrario non c’è male,
benché che l’abbia fatto un coetaneo.
LA LOGGIA
-Questa poi non c’è mica un’altra uguale.
Anche nel cinquecento il cupolone
era tutto di piombo, per la quale
il fuoco lo mandò in liquidassione.
E sotto c’era mica tante sale,
ma l’era tutto quanto un gran salone
per uso del Consiglio Comunale,
che pensi Lei che rassa d’effettone!
Ma il Consiglio i moderni usavan farlo
in un locale altrove tanto stretto
che pochi potean starci ad ascoltarlo.
Così, se alcun facea un discorsino,
magari in italiano un po’ imperfetto
erano in pochi a darci del cretino.
GARIBALDI (la statua N.d.C.)
-Ecco l’Eroe, che marcia sorridente,
il quale il suo cavallo invece resta
fermo, cogli occhi fuori della testa,
che par che dice tra di lui: “So niente…
mi par che quel leone alsa la cresta
e caccia fuori il muso; io non so niente…
magari ci dolesse un qualche dente
e m’avesse di far, òho nèh, la festa…”.
L’epigrafe è di alcuni professori
che prima l’han mandata al gran Carducci
se per caso ci fosse qualche errori;
e quello, rispettati i capisaldi,
ci tirò via gli errori e gli errorucci,
e c’è rimasto solo: “A GARIBALDI”.
I MIRACOLI (la chiesa N.d.C.)
-Ecco qui la facciata dei Miracoli
colle sue foglie e uccelli e bisciolini
e mosche e ragni in mezzo ai riccioloni,
che guardi se son mica dei miracoli!
Io mi pare che simili spettacoli
d’intagli tutti a mano così fini
li han fatti appena i vecchi scalpellini,
artisti veri e mica dei tamàcoli.
Invece al giorno d’oggi gli scultori
non hanno né il più piccolo martello
perché ci basta solo il suo talento,
e ho visto io che fanno i suoi lavori
in terra creta senza alcun scalpello
e un altro ce li stampa col cemento!
ARNALDO (la statua N.d.C.)
-Frate Arnaldo da Brescia è questo, il quale
non si sa mica ancor dov’è ch’è nato;
qui la sua faccia è un po’ di scalmanato
per via che combatteva il Temporale.
Quando fu a Roma, il Papa l’ha invitato
a calmarsi, se no aveva a male;
ma quel, sì ciao!: motivo per la quale
il Papa per calmarlo l’ha bruciato.
E sui bassorilievi c’è la storia
del fatto; e all’Arnaldino lì davanti
ci attaccan le ghirlande a onore e gloria;
poi le lascian marcire, finché i venti
fanno quel che non fanno i soprastanti
a la conservassion dei monumenti.
TARTAGLIA (la statua N.d.C.)
-E questo è il matematico Tartaglia,
mentre che c’è i più tanti che lo crede
viceversa il geometra Archimede
che non si accorge d’essere in battaglia.
E il perché che c’è tanti che si sbaglia
è perché è lì pacifico in vestaglia
che studia col compasso, come vede,
i conti sul panello dove siede;
mentre per via del piccolo laghetto,
dove ch’è lì seduto a almanaccare
colla carta il compasso e il mappamondo,
a qualcheduno sembra, ci scommetto,
Cristoforo Colombo in riva al mare
che è dietro a indovinare il Nuovo Mondo.
Tratto da: Angelo Canossi: “Melodia e Congedo”, a cura di Aldo Cibaldi
Scelta dei testi di Alessia Biasiolo