Se la città di Pilsen aveva avuto l’editto da re Venceslao per la produzione di birra nel 1295 e se la birra Augustiner nacque nel 1328 a Monaco di Baviera, la prima fabbrica di birra americana venne aperta nel 1632 ad opera di olandesi; intorno al 1721 inizia a Londra la produzione della Porter, mentre Arthur Guinness acquisterà la sua prima birreria a Dublino nel 1759, la produzione industriale di birra in Italia si deve a Franz Xavier Wührer che fondò una fabbrica di birra a Brescia nel 1829.
La birreria, in affitto, venne aperta in Contrada Santa Maria in Calchera, al numero 463, in pieno centro storico, accanto a conventi e a chiese. Franz Wührer proveniva dall’Austria, paese che vantava profonde tradizioni birrarie, ma anche nostro nemico. L’impero austro-ungarico, infatti, dominava ancora il nord Italia, malgrado la sporadica conquista napoleonica. Dai documenti risulta che Wührer sapesse farsi benvolere e riuscisse ad integrarsi bene in una terra dominata, ma con la quale l’Impero aveva attuato una politica di distensione, proprio a seguito delle alterne vicende storiche. Egli, infatti, risulta censito dall’anagrafe cittadina già dal 1829, pur se come “forestiero”.
Tra le ultime vicende prima dell’arrivo di Wührer a Brescia, c’erano stati i moti insurrezionali contro l’esercito dominante. Erano stati coinvolti molti personaggi illustri bresciani, tra i quali il generale Teodoro Lechi e i colonnelli Moretti e Olini che erano stati tradotti nelle carceri mantovane per la loro attività antiaustriaca legata alle vicende napoleoniche. Riavuta la libertà, questi personaggi furono coinvolti nella congiura del 1821, tant’è che il generale Moretti, dopo aver cercato di uccidersi tagliandosi la gola, morì nelle carceri austriache dello Spielberg, tristemente famose per la loro crudeltà. I molti bresciani coinvolti nella rivolta contro l’Austria, tra cui mazziniani e appartenenti alla Carboneria, fuggirono o furono passati per le armi, tanto che anche il vescovo Nava dovette intervenire per fare cessare la crudeltà degli austriaci nel punire coloro che volevano la libertà delle proprie terre. Le cronache narrano di efferate esecuzioni e di miseria dilagante, tanto che il buon vescovo, nel 1824, implorava per i cittadini la clemenza del sovrano. Proprio in questo clima arrivò il giovane austriaco che desiderava intraprendere un’attività ovvia per il suo paese, ma non ancora avviata in Italia. La produzione e la vendita di birra. È confermato, infatti, da Antonio Sabatti che nella provincia agli inizi dell’800 si coltivava orzo e si produceva vino e acquavite, ma non birra. Che troviamo, invece, citata dal celebre Carlo Cocchetti, nel suo lavoro del 1859.
L’autore afferma:
“La distillazione dell’acquavite dalle vinacce era comune a tutta la regione vinifera;… Per il raffinamento dell’acquavite e per la preparazione dei liquori esistono in provincia dodici fabbriche. Il curassau di Landi di Salò può competere con quello d’Olanda. Buon mistrà si fabbrica anche a Rovato; ed è giustamente rinomato l’anesone triduo della ditta Rossi, succeduta al Reboldi degli Orzinuovi che ne fu l’inventore. Quel nome deriva dalla triplice distillazione. A Salò, Gargnano, Limone e Toscolano si fabbrica da oltre un secolo l’acqua di tutto cedro; abbiamo anche sette fabbriche d’aceto. Il signor Giuseppe Carrara, proprietario del caffé della Rossa, trovò processi nuovi per la conservazione degli aromi sfuggevoli di certi succhi d’ortaggi e frutta.
In Brescia quattro birrerie fabbricano circa 1500 quintali di birra all’anno, con orzo provveduto in Lombardia e nell’arciducato d’Austria, e con luppoli, che si tirano dalla Boemia...”.
Wührer riuscì a fare convivere birra e vino: come intratteneva larghi rapporti di amicizia, le due bevande divennero presto amiche al punto che la sua attività continuò ad espandersi. Vendeva birra alle province limitrofe e anche a Vienna; nel 1851 riuscì a comperare la sua fabbrica e a garantire anche ai suoi discendenti ampia attività. La vita di Wührer si interseca, quindi, sempre più con le sorti italiane, a tal punto che anch’egli, sposato all’italiana Anna Campi, e i suoi discendenti, prenderanno parte alla rivolta antiaustriaca contro il paese d’origine.
Il malcontento nei confronti dell’occupante non cessò, infatti, con la distensioni degli anni ’30 dell’Ottocento. Del 1849 saranno le insurrezioni alla guarnigione austriaca rimasta nel castello, la vicenda nota come le famose “Dieci giornate di Brescia”, durante le quali la popolazione difese così strenuamente e con fierezza le barricate da originarle il soprannome di “Leonessa d’Italia”. Wührer era così ben voluto e ben inserito in città, che nessuno gli diede problemi per il fatto di essere “nemico”.
Nel 1850 l’inondazione del 14 agosto del Mella, che a ricordo d’uomini non s’era mai vista così impressionante, comportò la perdita di parecchie coltivazioni della provincia, comprese quelle necessarie alla produzione di birra, e l’arrivo di molti aiuti da tutta Italia. Di quegli anni abbiamo memorie dal poeta bresciano Cesare Arici, da Giovita Scalvini, dallo storico Federico Odorici. Di quegli anni sono i famosi Tito Speri e Gabriele Rosa, Giuseppe Zanardelli e Emilio Dandolo, ma la citazione dovrebbe essere lunghissima. Se la provincia di Brescia era famosa per le sue coltivazioni e per le sue fabbriche d’armi, anche la produzione birraria assunse discreta entità ed incremento, dando a Franz Xavier Wührer la soddisfazione non solo di ridurre l’importazione già scarsa di birra dall’Austria, ma anche di togliere dalla circolazione quelle birre “esotiche” che si erano andate producendo. Senz’altro la sua attività era rivolta all’esercito austriaco di stanza nel Lombardo-Veneto, ma anche gli italiani non disdegnavano la “cervogia”. Nota dolente rimanevano i forti dazi che, com’era già accaduto ai tempi di dominazione della Serenissima, strozzavano a cicli alterni il commercio e la produzione. La testimonianza che la famiglia Wührer si sentiva ormai italiana, la dobbiamo senz’altro ai figli di Franz, Giuseppe e Pietro, che troviamo volontari nella mitiche “Camicie Rosse” di Giuseppe Garibaldi. Nelle loro fila, Giuseppe combatté e rimase ferito a morte a Volciano il primo luglio del 1859, mentre Pietro, parte del Secondo Reggimento, Quinta Compagnia del Corpo Volontari Italiani, combatté nella Valsabbia e nelle Giudicarie nella guerra del 1866. Per questo ricevette un encomio economico e il diritto di fregiarsi della medaglia commemorativa assegnata nel 1869. Sarà proprio il giovanissimo Pietro a continuare l’attività del padre, subentrandogli nell’azienda nel 1867, mentre gli altri fratelli si dedicheranno ad altre professioni. La fabbrica, oltre che alla produzione di birra, si era allargata a quella di bevande gassate.
Morto nel 1870 avendo visto l’unità d’Italia, Franz Xavier Wührer aveva dunque già lasciato la fabbrica al figlio Pietro che, nel 1889, acquistò un vasto appezzamento di terreno alle porte della città, nella zona di campagna sulla strada per Verona denominata “La Wührer”, e vi costruì uno stabilimento. Alla fondazione dell’edificio, Pietro vi aveva murato una bottiglia, alcuni documenti dell’azienda e dichiarazioni autografe che sarebbero state, anche tra le traversie che stava attraversando Brescia e l’Italia in quel momento, segno della presenza Wührer. Questo stabilimento venne chiuso nel giro di pochi anni, data la frenata nella produzione dovuta all’inasprimento fiscale, ma l’attività si manteneva nel piccolo laboratorio originale di Contrada Santa Maria in Calchera, fino a quando lo stabilimento della Wührer venne preso in gestione, nel 1898, dal figlio di Pietro, Pietro junior, fresco di studi di chimica a Torino e di perfezionamento a Monaco di Baviera. Lo stabilimento venne ampiamente rinnovato, ad esempio sostituendo l’illuminazione a gas con quella elettrica e adottando i più recenti sistemi di produzione con l’utilizzo di ceppi puri di lieviti. La produzione di birra conobbe un rilancio unico e portò la fabbrica ai fasti noti in tutta la nazione e all’estero.
Nel 1915, presso lo stabilimento che lavorava a pieno regime e produceva molto, si aprì uno spaccio di birra, mentre il vecchio laboratorio di Contrada Santa Maria in Calchera era già stato adibito a ristorante e caffé. Il locale divenne ben presto di moda e, grazie ad un grazioso palcoscenico, vi si esibivano cantanti e dicitori. Il menù permetteva di gustare piatti tipici viennesi accompagnati dal gusto ormai inconfondibile della birra Wührer. Il successo obbligò a trasportare il ristorante nell’attuale Corso Magenta, in uno chalet stile Liberty che aveva tra i suoi più affezionati clienti gli allievi della Scuola Mitraglieri. Brescia era retrovia della zona di guerra che era scoppiata a travagliare ancora l’Italia e l’Europa, divenendo ben presto mondiale.
La guerra, comunque, aveva reso ancora una volta difficile la produzione di birra non solo per il triste momento, quanto per la confisca della produzione nazionale di orzo, requisito per l’alimentazione primaria. Dopo il 1918, visto ciò che era accaduto durante il conflitto, Pietro junior affrontò ulteriori investimenti nell’azienda per consentirle di produrre in modo autonomo la quantità necessaria di malto e non dover, così, dipendere dalle importazioni estere. Fu proprio in questo momento e per i suoi continui studi e approfondimenti, che Pietro Wührer divenne famoso in tutta Italia e non solo, come grande esperto alimentare. Per la sua preparazione venne chiamato dal conte Treccani a collaborare per la stesura della sezione di chimica della famosa enciclopedia.
La fabbrica contava centinaia di operai e venne aperto anche uno stabilimento di produzione di bottiglie e bicchieri per la birra, sempre alla Wührer. Intanto, gli interessi di Pietro Wührer junior si allargavano ad altri stabilimenti che acquisì o a società che lo videro nel consiglio di amministrazione.
Nel 1934, il rudimentale spaccio aziendale di birra diverrà l’elegante birreria e ristorante noto oggi con il nome di “Antica Birreria alla Wührer”.
Testo di Alessia Biasiolo